“La mafia non è affatto invincibile; è un fatto umano e come tutti i fatti umani ha un inizio e avrà anche una fine. Piuttosto, bisogna rendersi conto che è un fenomeno terribilmente serio e molto grave; e che si può vincere non pretendendo l'eroismo da inermi cittadini, ma impegnando in questa battaglia tutte le forze migliori delle istituzioni.” — Giovanni Falcone

La cosa più preziosa che un popolo può possedere è la memoria, poiché è la memoria che consente di far tesoro delle esperienze e dei traumi del passato affinché non si ripetano più e si possa andare avanti uniti e migliori. Ecco perché proprio quest'anno in cui decorrono i 30 anni dalla scomparsa dei giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino ci sembra importante ripercorrere la vita e le imprese di queste due figure fondamentali che tanto hanno dato alla lotta contro la mafia.

30 anni significa che un'intera generazione non era ancora nata il giorno in cui il tratto dell'autostrada A29, che collega Palermo a Mazara del Vallo, saltò in aria in corrispondenza dell'uscita di Capaci, portandosi via la vita di cinque persone, tra cui il giudice Falcone. Ricostruiamo in questo articolo le tappe fondamentali della vita e della carriera di Giovanni Falcone, dall'infanzia nella Kalsa di Palermo a quel tragico giorno del maggio 1992.

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L'infanzia e gli studi

La fotografia di Falcone e Borsellino durante il Maxiprocesso è una delle immagini più celebri del dopoguerra.
Giovanni Falcone e Paolo Borsellino si conobbero giocando a calcetto da bambini e rimasero sempre legati da una grande amicizia e da un grande e reciproco rispetto.

Le lezioni di storia contemporanea non possono prescindere dal trattare la vita di questo grande uomo. Giovanni Falcone nasce in una benestante famiglia palermitana il 18 maggio 1939. Fatta eccezione per gli spostamenti della famiglia dovuti alla seconda guerra mondiale, trascorre tranquillamente i primi anni di vita. Il giovane Falcone si avvicina all'Azione Cattolica e trascorre molto tempo in parrocchia e all'Oratorio, dove gioca a calcio e conosce futuri alleati, come il giudice Paolo Borsellino, e futuri nemici, come il mafioso Tommaso Spadaro.

Figure di formazione importanti in questa fase sono padre Giacinto, che diventa una prima guida fondamentale per il giovane Falcone e lo porta in gita in Trentino e a Roma, e il professore di storia e filosofia del liceo Franco Salvo, grande appassionato di illuminismo che avrà un'enorme influenza sulla cultura e sul pensiero del futuro giudice.

Falcone si diploma a pieni voti nel 1957 e, dopo una breve incursione all'Accademia navale di Livorno, decide di iscriversi alla Facoltà di Giurisprudenza dell'Università degli Studi di Palermo, seguendo le tracce della sorella maggiore Maria. Si laurea con 110 e lode nel 1961 e tre anni più tardi vince il concorso che gli permette di entrare in magistratura. Lo stesso anno, si sposa con la prima moglie, Rita Bonnici, che lo lascerà però nel 1978. Nel 1979 Falcone incontra la collega Francesca Morvillo, che sposerà nel 1986 e che rimarrà al suo fianco fino alla fine, morendo accanto al marito nella strage di Capaci.

Il primo processo importante per Falcone si svolge nel 1967 e coinvolge la banda mafiosa di Mariano Licari, boss di Marsala. Da questo momento in poi, il giudice palermitano non smetterà mai di occuparsi di mafia. Un corso di storia online potrebbe essere un ottimo modo per approfondire questi temi.

Processi Spatola e Mazara e metodo falcone

Vuoi approfondire la storia del maxiprocesso di Palermo? Niente di più facile con le nostre lezioni di storia.
La storia di Tommaso Buscetta e del maxiprocesso è stata raccontata nel film "Il traditore" di Marco Bellocchio.

Nel 1980, il procuratore capo di Palermo Gaetano Costa affida a Falcone un'inchiesta sull'imprenditore Gaetano Spatola e i suoi associati. Falcone ha un'intuizione geniale: capisce che per portare a termine le indagini sulle associazioni mafiosa è necessario indagare anche i patrimoni e movimenti bancari e ricostruire i movimenti del denaro. Inizia così a indagare con particolare attenzione gli spostamenti di grandi cifre da e per gli Stati Uniti. Grazie alle sue ricerche e a una stretta collaborazione con le forze investigative americane, Falcone chiude l'inchiesta Spatola con 120 rinvii a giudizio. Il processo si conclude con la condanna di Spatola e altri 75 metri di Cosa Nostra, anche se l'imprenditore sarà arrestato soltanto 16 anni più tardi a New York.

Questo processo, oltre che a mostrare la pericolosità della mafia poiché diverse persone coinvolte, come il capo della Mobile Boris Giuliano e il capitano dei Carabinieri Emanuele Basile, perdono la vita, permette al giudice di dimostrare l'efficacia di quello che passerà alla storia come il "metodo Falcone", che si basa sull'evidenza che le organizzazioni mafiose lasciano al loro passaggio tracce legate ai movimenti di denaro. Studiare questi movimenti di denaro si rivelerà per la giustizia il miglior modo di tracciare una cartografia delle attività mafiose e di incastrare boss e clan.

Per quanto oggi questo approccio ci sembri scontato nel fronteggiare le attività criminali, va tenuto a mente che all'epoca non era applicato nella lotta contro la mafia, e che il contributo offerto da Falcone in questo campo fu rivoluzionario.

Il pool antimafia e il maxiprocesso

Giovanni Falcone fu ucciso da Cosa Nostra il 23 maggio 1992.
La strage di Capaci rappresenta una delle pagine più nere della storia italiana.

Le lezioni di storia ne parleranno ancora a lungo: dopo l'attentato che costò la vita al capo dell'Ufficio Istruzione di Palermo Rocco Chinnici, il suo successore Antonino Caponetto decise di portare avanti il progetto di costituire un pool antimafia convocando quattro magistrati istruttori: Giovanni Falcone, Paolo Borsellino, Giuseppe di Lello e Leonardo Guarnotta. L'obiettivo principale di questo pool era quello di concentrarsi a tempo pieno sui reati di mafia, applicando il metodo Falcone e creando una rete di indagini volte a smantellare Cosa Nostra.

Un punto di svolta fondamentale per le indagini fu l'arresto di Tommaso Buscetta, che diventò uno dei primi collaboratori di giustizia. Buscetta venne estradato in Italia dal Brasile dove si era rifugiato per sfuggire alla giustizia e alle vendetta dei Corleonesi, poiché apparteneva al clan avversario. L'ex mafioso fornì informazioni essenziali rivelando per la prima volta l'organizzazione di Cosa Nostra in famiglie, mandamenti e commissioni, nonché molti dei crimini commessi dall'organizzazione criminale nel corso degli anni. Su questa vicenda è stato realizzato un film intitolato "Il traditore". Il 29 settembre, le dichiarazioni di Buscetta produssero 366 ordini di cattura, seguite qualche settimane più tardi da altri 127 mandati d'arresto dovuti alle dichiarazioni di un altro collaboratore di giustizia, Salvatore Contorno.

Temendo per l'incolumità dei giudici, le autorità li trasferiscono in un luogo di sicurezza dove potranno terminare di redigere il documento di 8.000 pagine in cui si chiedeva il rinvio a giudizio di 475 imputati. Ha inizio così il maxiprocesso di Palermo contro la mafia.

Nel 1988 Antonino Meli viene eletto a sorpresa consigliere istruttore della Procura di Palermo, posizione a cui era candidato anche Falcone. Da questo momento in poi vi saranno tensioni sempre più crescenti e contrasti che porteranno Meli a smantellare di fatto nel giro di poco tempo il pool antimafia.

Negli anni successivi, Falcone è vittima di attacchi da parte della politica e dei media, che lo accusano di essere troppo schierato politicamente per poter ricoprire cariche istituzionali, senza però che vi fosse alcuna prova che corroborasse queste accuse. Nel tempo, gli attacchi e il clima di sospetto si fece pesante al punto che a pochi giorni dalla morte il giudice palermitano racconta agli amici: "Mi hanno delegittimato, stavolta i boss mi ammazzano".

La strage di capaci

La morte di Giovanni Falcone fu uno shock per l'Italia intera.
I funerali di Giovanni Falcone e degli agenti della scorta si svolsero lo stesso giorno in cui Oscar Luigi Scalfaro fu eletto Presidente della Repubblica.

Il 23 maggio 1992, Falcone sta tornando come da abitudine a Palermo da Roma per il weekend. Alle 17:58 1000kg di tritolo esplodono facendo saltare in aria un pezzo di autostrada. La prima auto in cui si trovano gli agenti Montinaro, Schifani e Dicillo viene scaraventata a più di dieci metri di distanza, provocando la morte istantanea dei tre agenti. La seconda auto, in cui si trovano Falcone e la moglie Francesca Morvillo, si schianta contro un muro di cemento sollevato dall'esplosione, mentre rimangono feriti gli agenti della terza auto e un'altra ventina di persone. Alle 19:05 viene dichiarato il decesso del giudice Giovanni Falcone, che muore tra le braccia dell'amico Paolo Borsellino, che un mese più tardi dichiarerà:

«Giovanni Falcone lavorava con perfetta coscienza che la forza del male, la mafia, lo avrebbe un giorno ucciso. Francesca Morvillo stava accanto al suo uomo con perfetta coscienza che avrebbe condiviso la sua sorte. Gli uomini della scorta proteggevano Falcone con perfetta coscienza che sarebbero stati partecipi della sua sorte. Perché non è fuggito, perché ha accettato questa tremenda situazione, perché non si è turbato, perché è stato sempre pronto a rispondere a chiunque della speranza che era in lui? Per amore! La sua vita è stata un atto d’amore verso questa sua città, verso questa terra che lo ha generato. Perché se l’amore è soprattutto ed essenzialmente dare, per lui, e per coloro che gli sono stati accanto in questa meravigliosa avventura, amare Palermo e la sua gente ha avuto e ha il significato di dare a questa terra qualcosa, tutto ciò che era ed è possibile dare delle nostre forze morali, intellettuali e professionali per rendere migliore questa città e la patria cui essa appartiene." [Paolo Borsellino, intervento a Casa Professa, 25 giugno 1992].

Il 25 maggio, giorno in cui Oscar Luigi Scalfaro viene eletto presidente della Repubblica, vengono celebrati a Palermo i funerali delle vittime della strage di Capaci. In questa occasione, diventano celebri le parole della giovane Rosaria Costa, vedova di Vito Schifani, uno dei tre agenti che si trovavano nella prima auto, che davanti alle telecamere afferma "Io vi perdono, ma voi vi dovete mettere in ginocchio".

La morte del giudice lascia l'Italia intera sotto shock e segna l'apice della stagione delle stragi, fase in cui la mafia non esiterà a eliminare con violenza i propri avversari al fine di creare un clima di paura e tensione. A 30 anni dalla sua scomparsa, possiamo però dichiarare che Falcone ha vinto la sua battaglia contro Cosa Nostra, che purtroppo ancora non è estinta, ma che è oggi molto più debole di un tempo, anche e soprattutto grazie all'impegno di uomini e donne coraggiosi come Giovanni Falcone.

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Nicolò Superprof

Scrittore e traduttore laureato in letterature comparate. Vivo a Bologna, dove coltivo la mia passione per i libri, il cinema e la buona cucina.